#1 CITTADINANZA E INDIFFERENTISMO POLITICO
- CTZN eu
- 30 set 2020
- Tempo di lettura: 9 min
Aggiornamento: 22 ott 2020
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Hi reader,
oggi voglio parlarti di cittadinanza e di indifferentismo politico, guardando alle sue cause e alle conseguenze per la nostra società e cercando un modo per contrastarlo.
Comincerò parlandoti della persona che ha maggiormente influenzato la mia comprensione della cittadinanza, il professore e giurista Gustavo Zagrebelsky, e in particolare di una sua conferenza al riguardo. È stato professore di Diritto Costituzionale presso l’Università di Torino e un giudice della Corte Costituzionale italiana (oltre ad essere stato l’autore dei miei libri di testo di Diritto). Il 4 Maggio 2020 il professore ha tenuto una conferenza su Youtube, sponsorizzata da Mondadori, intitolata “Cittadini si nasce o si diventa?”, il cui scopo era di spiegare come una persona diventa un cittadino e se possiede o meno la cittadinanza (ecco il link per la conferenza: https://www.youtube.com/watch?v=V5wSUDzYTDA).
Innanzitutto, sentirsi cittadini non significa semplicemente appartenere ad una vita comune insieme ad altre persone, ma anche e soprattutto essere una parte responsabile di quella vita comune. A sua volta, essere una parte responsabile significa riconoscere che tutti hanno diritti e doveri che devono essere realizzati, e questo comporta una tensione fra i due: ognuno di noi vorrebbe avere soltanto diritti che gli altri devono rispettare e nessun dovere verso gli altri, ma una visione del genere non è fattibile in una società che punta a garantire i diritti di tutti e porterebbe al caos e alla legge del più forte, e i deboli sarebbero lasciati indietro dalla società; d’altro canto, se avessimo soltanto doveri senza diritti saremmo non cittadini ma sudditi, se non schiavi, ed è un prezzo troppo alto da pagare per una società ordinata.
Ma come può qualcuno diventare realmente un cittadino? Qui dobbiamo fare due passi fondamentali:
In primo luogo, dobbiamo abbandonare il cosiddetto comportamento ignavo (una reminiscenza dantesca): coloro che abbracciano il comportamento ignavo sono persone che nelle loro vite non prendono mai una posizione perché pensano di non poter fare la differenza e che niente sia compito loro. Primo Levi definì questo tipo di comportamento, come era stato mostrato durante la Seconda Guerra Mondiale, come “la zona grigia”. Sfortunatamente, è un’attitudine opportunistica di moda anche oggi fra molte persone, in particolare fra i giovani (parole di Zagrebelsky, non mie, anche se sono d’accordo con lui). Tuttavia, come possiamo abbandonare questo tipo di comportamento? Per Zagrebelsky, dobbiamo cercare di conoscere noi stessi chiedendoci “chi sono io per me stesso? Chi voglio essere?” e, una volta che ci siamo dati una risposta, dobbiamo attenerci a quella risposta e cercare di essere coerenti con noi stessi. È certamente una domanda difficile, che potrebbe richiedere mesi o anni o persino un’intera vita, perché dovremmo essere in grado di guardarci in maniera oggettiva dall’esterno, ma è anche la base di ogni posizione di natura morale, fondamentale per potersi porre domande su ciò che è giusto e sbagliato, ciò che è bene e male.
In secondo luogo, dobbiamo chiedere a noi stessi un’altra domanda importante: “chi sono io per gli altri? Chi sono io per coloro che mi definiscono?”. Porsi questo quesito implica che l’essere umano sia un essere ontologicamente sociale, e significa che viviamo costruendo relazioni, più o meno importanti, e che queste relazioni ci definiscono.
La sintesi di queste due domande è l’identità, considerata come la somma di tutte le nostre identità parziali (io per esempio sono una studentessa come una figlia, una sorella, un’amica, una fidanzata, e così via). Ognuno di noi passa il proprio tempo in luoghi e con persone diversi, e la nostra personalità può manifestarsi in modi diversi a seconda delle persone con cui viviamo e delle situazioni in cui ci troviamo, e tutte queste manifestazioni rappresentano e identificano ciò che siamo.
Il rischio è però che l’identità si chiuda in se stessa, divenendo esclusiva e quindi aggressiva con coloro che sono diversi da essa (si pensi per esempio al nazionalismo). Perciò, secondo il professor Zagrebelsky, noi dobbiamo sforzarci di costruire un’identità inclusiva e aperta alla relazione con l’altro. Ci sono diversi modi di essere se stessi, e quindi ci sono diversi modi di essere insieme agli altri, e bisognerebbe scegliere un modello da seguire, un modello che ci spinga ad essere rispettosi, solidali e critici di cos’è giusto e cosa non lo è, e di cosa può essere migliorato.
Inoltre, Zagrebelsky ha detto che il suo modello è la Costituzione italiana, che lui vede come una proposta di identità. Prendi l’articolo 3, per esempio, che recita:
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. / E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
Qui la Costituzione ci fa chiaramente una proposta etica: la Repubblica ci propone di considerare gli altri come concittadini, al nostro stesso livello di dignità. Dal momento che è soltanto una proposta, tuttavia, non significa che deve essere accettata (ad esempio, l’uguaglianza di genere non è ancora rispettata in molte famiglie).
E una domanda sorge spontanea: se non tutti aderiscono alla proposta costituzionale, cosa succede?
Se la Costituzione non è interiorizzata, è debole; e ora mi viene in mente un altro grande uomo della scena politica italiana, Piero Calamandrei, che al famoso discorso agli studenti di Milano del 1955 disse:
“Però vedete, la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove; perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica, l’indifferentismo, che è, non qui per fortuna, in questo uditorio, ma spesso in larghi strati, in larghe categorie di giovani. È un po’ una malattia dei giovani, l’indifferentismo. ‘La politica è una brutta cosa. Che me ne importa della politica?’ […]”
Mentre se ci sono delle divergenze su cosa la Costituzione propone noi possiamo interpretarla, discuterne e cambiarla, ma se alle persone semplicemente non interessa se la Costituzione è in un modo o in un altro, o persino se la Costituzione esiste o meno, allora l’intero discorso pubblico è destinato a fallire. Io penso che questa conversazione possa essere fatta per tutte le Costituzioni, non solo per quella italiana, e che l’indifferentismo politico sia un problema reale del nostro tempo che, se non al centro della attuale crisi politica globale, certamente è una componente importante che mantiene un circolo vizioso in movimento.
A tal proposito, noi di CTZN.eu abbiamo condotto un’indagine tramite un questionario sull’interesse politico delle persone, traendo alcune interessanti conclusioni.
Il questionario è stato aperto per circa tutto il mese di luglio 2020, e delle 187 risposte ricevute le fasce d’età maggiormente raggiunte sono state i giovani (circa il 50% delle risposte era composto da persone fra i 15 e i 25 anni) e persone di mezza età (circa il 35% delle risposte era composto da persone fra i 41 e i 60 anni) [Figura 0].

Il primo dato importante, secondo me, è che circa 1 persona su 3 sostiene di non essersi mai interessata alla politica [Figura 1], mentre uno spaventoso 85% (più di 4 persone su 5) pensa che ci sia più gente indifferente alla politica che gente interessata [Figura 2]; inoltre, circa il 50% non vuole o non riesce ad identificarsi con uno dei partiti politici attualmente esistenti in Italia [Figura 3].
Questi dati dimostrano come l’indifferentismo politico non sia soltanto un problema astratto o l’invenzione di un qualche politologo allarmista, ma un problema reale e concretamente percepibile nella popolazione.



Ma quali possono essere le cause che portano le persone a sentirsi così distanti e indifferenti nei confronti di qualcosa che dovrebbe essere al centro del loro agire quotidiano?
Abbiamo trovato parte della risposta in altri dati ottenuti grazie al questionario, come ad esempio attraverso il confronto tra due domande riguardanti l’incidenza della politica sulle nostre vite quotidiane e l’incidenza delle nostre azioni quotidiane sulla politica. Da esse abbiamo scoperto che, come ci si aspetterebbe, circa il 92% pensa che la politica influenzi molto o abbastanza la nostra vita quotidiana [Figura 4], mentre la situazione peggiora molto nella seconda domanda: 6 persone su 10 pensano che le proprie azioni quotidiane incidano poco o niente (oppure non lo sanno) sulla politica [Figura 5]. Già qui si può intravedere il perché di tanta indifferenza: se ciò che faccio non ha alcun effetto sulla società in cui vivo, perché dovrei continuare a farlo? O, peggio, perché dovrei interessarmene? Un interrogativo dannoso ma tristemente più che legittimo.


Per continuare ad approfondire la realtà complessa in cui ci troviamo, abbiamo posto in relazione quattro domande altrettanto significative: l’importanza del diritto di voto, la percezione di vivere in un sistema democratico, l’efficacia dei partiti come strumento della democrazia e come rappresentanti dei vari interessi all’interno della comunità nazionale.
Benché circa il 97% pensi che il riconoscimento del diritto di voto sia molto o abbastanza importante [Figura 6], quasi 1 persona su 4 non crede di vivere in un paese democratico [Figura 7] e questo è dimostrato dal fatto che quasi il 50% non pensa che i partiti siano lo strumento adatto per la democrazia [Figura 8] e, ancora, dal fatto che quasi 2 persone su 3 pensano che i partiti non rappresentino efficacemente gli interessi della comunità nazionale [Figura 9].




Esiste un grande paradosso tra questi risultati, un paradosso che evidenzia molto chiaramente il problema dell’indifferentismo politico: la maggior parte delle persone crede che il diritto di voto sia importante (meno male!), ma una grande fetta di queste persone non riesce ad esprimere il proprio voto perché non si fida della classe rappresentante o persino dell’intero sistema che dovrebbe rappresentarla e darle una voce nell’amministrazione della Cosa Pubblica.
È quasi ovvio che una persona, anche interessata e di buona volontà, che tuttavia non riesce a identificarsi con nessun partito e non riesce a fidarsi dei propri rappresentanti, diventerà un cittadino indifferente nel tempo, perché passeranno gli anni in cui non andrà a votare, dal momento che non saprà chi votare, e non eserciterà quel suo diritto (ma anche dovere, non dimentichiamocelo) che considera tuttavia molto importante. Infatti, l’indifferentismo politico è tradizionalmente esemplificato nel cittadino che non vota da lungo tempo e che si lamenta di qualunque cosa faccia qualunque governo, senza nemmeno più distinguere tra politiche più o meno sbagliate ma generalizzando con un “tanto i politici sono tutti uguali”, intendendo che sono tutti ugualmente corrotti, egoisti, arrivisti e fondamentalmente disinteressati di ciò che la gente veramente vuole o necessita.
Riconosci te stesso/a o un tuo conoscente in questa descrizione? Immagino di sì, ma non disperiamo: il cambiamento parte da ognuno di noi. Sembrerà una frase banale, e forse lo è diventata perché si è usata troppe volte per mascherare la mancanza di idee o la paura di prendere una posizione decisa, ma ciò non significa che non sia vera e sempre attuale. Tu, io , tutti noi siamo chiamati a vivere insieme e a prenderci cura gli uni degli altri, per quanto ci costi sacrifici o non ci venga riconosciuto alcun merito per questo. E forse il primo passo da fare, per rompere il circolo vizioso, è proprio chiedersi: “chi sono io per me stesso?”.
Noi di CTZN.eu, infatti, pensiamo che un modo efficace per combattere l’indifferentismo politico sia proprio quello proposto da Zagrebelsky, ovvero una riflessione su di noi e sul mondo che ci circonda per promuovere e preservare lo stato di diritto, la Costituzione, la democrazia liberale e una visione della propria identità e azione come inclusive, anziché esclusive. Pensiamo che questo modello sia preferibile tanto all’indifferentismo politico quanto alle false risposte ad esso, come possono essere il nazionalismo o il populismo, che, benché sembrino offrire soluzioni immediate, in realtà ci impediscono di riflettere davvero su noi stessi e di affrontare i nostri problemi per migliorare la società in cui viviamo.
Rispondere alle domande che pone Zagrebelsky creando una visione del mondo esclusiva, che divide nettamente il mondo in amici e nemici, in “noi” e “loro”, non può essere la soluzione innanzitutto perché è un atteggiamento anacronistico: cercare di rimanere soli contro tutti, nel mondo globalizzato in cui viviamo, sarebbe un suicidio economico e politico. Inoltre, essa è inconciliabile con l’idea che ognuno di noi ha dei diritti fondamentali che devono essere garantiti e rispettati. Coloro che vedono l’altro come un nemico, e non gli riconoscono gli stessi diritti che vogliono vedersi riconosciuti, dovrebbero stare molto attenti perché una volta iniziato questo processo di discriminazione, in cui esistono persone di serie A e persone di serie B, è fin troppo facile finire per trovarsi dalla parte oppressa e discriminata e rimpiangere quei diritti che un tempo si voleva negare ad altri.
Caro reader, avremo il tempo di approfondire quest’ultimo argomento con un altro articolo, in modo da dedicargli lo spazio e il tempo che si merita. Nel frattempo, tu che cosa pensi di ciò di cui abbiamo discusso oggi? Sei d'accordo con la nostra analisi e la soluzione che abbiamo esposto qui?
Se sì, come secondo te possiamo coinvolgere più persone in questo discorso? Come possiamo diffondere questi ideali e convincere le persone di questa visione, che purtroppo oggi è marginale?
Se no, invece, quali sono le tue perplessità a riguardo? Che cosa secondo te dovrebbe essere migliorato o modificato nella nostra analisi?
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Grazie per l’attenzione,
Maria Chiara
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