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#1 PARASITE: CHI E’ IL VERO PARASSITA?

  • Immagine del redattore: CTZN eu
    CTZN eu
  • 21 ott 2020
  • Tempo di lettura: 7 min

Aggiornamento: 22 ott 2020

PLEASE CLICK HERE FOR THE ENGLISH VERSION


Hi reader,

oggi voglio parlarti di Parasite, un film sudcoreano del 2019 diretto da Bong Joon-ho che ha vinto, fra gli altri premi, la Palma d’oro del Festival di Cannes 2019 e l’Oscar per il miglior film, miglior film internazionale, miglior regista e miglior sceneggiatura originale ai Premi Oscar 2020. Devo ammettere che non mi era piaciuto la prima volta che l’ho visto, nonostante sia pluripremiato, ma l’ho apprezzato in una seconda visione, e quindi vorrei approfondirne con te le dinamiche, che a mio parere danno degli spunti per interessanti riflessioni sulla società.

Premetto che non parlerò della trama ma andrò direttamente ad analizzare le tematiche del film, quindi ti consiglio di andare prima a recuperare la pellicola. Ma se l’hai già visto e hai bisogno di una rinfrescarti la memoria, o non ti importa degli spoiler ma vuoi capire di cosa sto parlando (dato che non chiamerò i personaggi per nome ma mi riferirò a loro usando il loro ruolo nella storia o il nome della loro famiglia), puoi trovare trama e personaggi a questo link: Trama e personaggi Parasite - Wikipedia.

Ah, quasi dimenticavo...SPOILER ALERT!


Quali sono le sfumature che possiamo cogliere da una storia di forte disparità sociale come quella di Parasite? Cerchiamo di approfondirle insieme.

Da una parte abbiamo i poveri, i Kim e la coppia del bunker, che rappresentano due atteggiamenti diversi dei poveri nei confronti dei ricchi: i Kim sono ambiziosi e vogliono emanciparsi, pur constatando poi che è impossibile elevarsi dalla “casta” a cui si appartiene, mentre l’ex governante e il marito sono servizievoli e adorano i propri padroni che permettono loro di sopravvivere con i loro avanzi.

Dall’altra abbiamo la famiglia Park, i ricchi, la classe agiata che non ha preoccupazioni materiali e che prova disgusto per i poveri. Spesso nel film i Park sottolineano come i propri dipendenti (la famiglia Kim, che loro non sanno essere una famiglia) puzzino, abbiano un odore addosso di sporco e di povertà che “oltrepassa il limite”. Ma quale limite? Quel limite implicito per cui i servi non devono intromettersi nella vita dei propri padroni, quel limite che però questa puzza oltrepassa, disturbando il fragile equilibrio della famiglia ricca.


Qui si possono intravedere alcune critiche sociali molto forti, che rimangono valide anche per la nostra società, nonostante sia diversa da quella sudcoreana.

Innanzitutto, analizziamo il comportamento dei poveri nei confronti dei ricchi. In una società come quella sudcoreana lo sviluppo economico-industriale è avvenuto rapidissimo ma non per tutti. La società non ha potuto evolversi al passo della crescita economica, perché troppo rapida, perciò la ricchezza è finita nelle mani di pochi, lasciando grandi strati della popolazione in assoluta povertà.

Nel mondo ideale di ciascuno di noi, tutti vorremmo non avere problemi economici ed essere abbastanza ricchi da poterci permettere tutti i nostri capricci. E così, anche i poveri sudcoreani sognano di essere ricchi. Vedono la ricchezza materiale come obiettivo di vita e mettono sul piedistallo i ricchi stessi, chiedendosi: “Se loro sono ciò che io voglio essere, perché dovrei essere arrabbiato con loro?”. La domanda che dovrebbero porsi, però, è un’altra: “Perché io sono povero e loro sono ricchi?”.

E la risposta è che c’è una forte disparità nella distribuzione della ricchezza e quindi pochi hanno molto e molti hanno poco. Tuttavia, invece di agire in modo razionale e battersi per migliorare la situazione, loro adorano i ricchi perché vorrebbero essere come loro e se la prendono con gli altri poveri. Anziché collaborare per una società più giusta, i poveri si odiano l’un l’altro perché si vedono reciprocamente come un ostacolo al raggiungimento dell’ideale della ricchezza e del benessere materiale (e si potrebbe anche discutere di quanto la ricchezza materiale sia un obiettivo sano per il benessere di una persona).

Riducendo un po’ i termini e rientrando nei nostri parametri occidentali, tutto questo non accade forse anche nella nostra società? Quello a cui assistiamo è una continua lotta fra poveri, perché l’opinione pubblica e la politica, al posto di guardare alle disparità sociali e pretendere una distribuzione più equa delle risorse che possa dare sostentamento a tutti, si accaniscono contro gli ultimi dando loro la colpa del malessere dei penultimi. Infatti, chi ha motivo di preoccuparsi per la propria situazione economica vede l’altro, una persona nella sua stessa condizione, come un avversario o un nemico perché potrebbe rubargli delle opportunità. Al posto di rivolgere il proprio malcontento nei confronti dei ricchi, egli riversa le proprie preoccupazioni nei confronti del diverso, dello straniero, dell’immigrato, che molte volte è una persona che proviene da situazioni terribili ed è soltanto in cerca di una vita migliore e di una posizione stabile nella società, ma viene comunque trattato come un nemico anziché essere accolto.

Tutto ciò è basato su timori reali, timori esasperati dal populismo e sminuiti dai partiti più istituzionali, timori di persone che molto probabilmente non hanno cattive intenzioni ma potrebbero diventare pericolose se i loro problemi non vengono presi sul serio, come infatti accade.


Ma ritorniamo al film. La famiglia Kim e la coppia del bunker, quindi, idolatrano la ricchezza e si odiano a vicenda. La famiglia Park è per loro il simbolo di chi ce l’ha fatta e i Kim, raggirandoli, si sentono molto furbi e quasi realizzati. Per un momento il film ci dice: “Ecco i parassiti”, ma non finisce qui.

Pian piano scopriamo nei Park una dipendenza quasi ossessiva per i Kim. Questi sono diventati i loro servi, e i Park non riescono a fare nulla senza di loro: la figlia si è innamorata del giovane Kim e ha bisogno di lui per studiare inglese, il figlio si è lasciato incantare dalle parole della giovane Kim, il signor Park potrebbe guidare ma non è un’attività da signori quindi si fa scortare dappertutto e la signora Park non è in grado di fare nulla da sola, dentro e fuori casa, e necessita della governante per far andare avanti il tutto. Non sembrano persone fragili e superficiali? Ce ne accorgiamo soprattutto dal modo con cui mandano via i vecchi dipendenti: ad esempio, quando la giovane Kim sfrutta l’allergia alle pesche dell’ex governante per farla sembrare malata di tubercolosi, la signora Park è scandalizzata e la manda subito via, senza preoccuparsi minimamente per la salute di una donna che ha lavorato per loro per tanti anni, e senza neanche chiederle spiegazioni direttamente.

Infatti, tutto il piano dei Kim si basa su questo: il fatto che i Park non si interessino veramente a ciò che accade ai loro dipendenti, ma soltanto che questi non intacchino la loro vita, al punto che non degnano la loro fedele servitù nemmeno di un confronto o del beneficio del dubbio, ma si fidano solo delle proprie impressioni anche se sbagliate.

Agli occhi della famiglia Park questi servi sono dei pezzi ricambiabili. Non sono più persone con cui firmano un contratto di lavoro, riconoscendo che anche loro hanno una vita privata e che potrebbero avere problemi all’infuori del lavoro. Gli unici problemi che esistono sono i loro, quelli dei Park, e i dipendenti devono dedicarsi in tutto e per tutto a loro. Allo stesso tempo, però, i Park non vogliono che gli altri oltrepassino quel limite di cui abbiamo parlato prima, che come puoi vedere è una pretesa paradossale dal momento che i Park sono i primi a oltrepassarlo, sommergendo i loro dipendenti con tutti i loro futili problemi e pretendendo supporto e aiuto immediati.

Si può pensare che venga fatto con cattiveria, eppure è pura superficialità. I Park sono abituati a vivere una vita agiata e pensano che tutti siano uguali a loro. Non concepiscono che altri possano avere problemi reali, e questa convinzione stride grandemente con la realtà.

Infatti, la realtà è la situazione tragica dei Kim, esemplificata da una scena in cui, mentre sono nella palestra a dormire dopo l’alluvione, il giovane Kim ha una pietra della fortuna in grembo (regalatagli da un suo amico) e pensa a un nuovo piano per fare andare bene tutto, ma il padre gli risponde che, per non rimanere mai delusi, nella vita non bisogna farsi nessun piano. La pietra simboleggia la volontà di emanciparsi e di essere toccati dalla fortuna, ma questi desideri sono solo illusioni, e infatti la scena ci mostra che questa pietra è diventata un macigno, un peso ingombrante e doloroso sul giovane Kim che lo porterà alla rovina (perché sarà proprio questa la pietra con cui verrà colpito nel finale).


I Park, senza gli aiuti esterni dei loro servi (che siano i Kim o altri non fa differenza), non reggerebbero il peso della loro vita. Il padre è sempre via per lavoro, la madre non ha uno scopo nella vita e non è capace nemmeno di fare i più elementari lavori di casa, la figlia è molto insicura e va male a scuola e il figlio ha bisogno di attenzioni. Queste sono persone fragili, che assomigliano molto a noi occidentali: pur non avendo problemi immediati come quelli economici e materiali, i Park hanno problemi di natura diversa, più psicologici, i quali vengono messi a tacere grazie a degli aiuti esterni, di cui quindi non possono più fare a meno. Probabilmente senza i loro dipendenti anche i Park litigherebbero a non finire come accade in molte famiglie, eppure comandare quelle figure esterne, che non sono nessuno per loro e devono solo risolvere qualunque loro problema senza fare domande, li fa sentire come se avessero il controllo su qualcosa nella propria vita. In questo modo, la situazione rimane perfetta in superficie e loro possono continuare a vivere nella loro campana di vetro beati e ignari di ciò che accade non solo fuori dalla propria casa, ma anche all’interno di essa e fra di loro, perché non approfondiscono nemmeno le relazioni che dovrebbero essere più intime.

Quindi i veri parassiti sono i Park, che sfruttano la vita di altre persone per tenere in piedi il proprio castello di carte: pur non avendo veri problemi e dovendosene creare di fittizi, la fragile psiche dei membri della famiglia Park è sempre sull’orlo di infrangersi, e il modo più facile per tenerla al sicuro è utilizzare delle persone esterne come un collante. Per questo necessitano di qualcuno che svolga una funzione nella loro vita, qualcuno che non abbia una vita personale ma che anzi sia disponibile in ogni istante a sopperire alle mancanze della famiglia, in modo che questa possa continuare a vivere una vita di falsa felicità. E poiché queste persone sono dei pezzi ricambiabili, poiché i Park non vogliono delle persone ma degli automi che svolgono una funzione, quando uno di essi ha esaurito il suo compito o non svolge più la sua funzione lo gettano via e ne prendono un altro. Così facendo non risolvono realmente nessuno dei problemi che li affliggono, ma li rimandano e li nascondono sotto una coltre di apparente benessere a discapito di altri, che vengono usati come una serie di cerotti messi a nascondere una ferita che si incancrenisce. E, nel frattempo, la vita di queste persone viene rovinata dai problemi dei Park, proprio come un corpo viene rovinato dai parassiti al suo interno.


Caro reader, oltre a quelli che ho esposto, pensi che si possano trovare altri parallelismi tra la situazione sudcoreana descritta nel film e la nostra? Se lo hai visto, che cosa ti ha lasciato questo film? Conosci altre interpretazioni della pellicola che vorresti condividere con noi?

Faccelo sapere lasciando un commento qui, mandandoci un’e-mail con le tue riflessioni oppure commentando sotto al post relativo nei nostri profili social.


Grazie per l’attenzione,


Maria Chiara Bodda

Mail: ctzn.eu@gmail.com

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