#1 LE MERAVIGLIE DELLA DEMOCRAZIA DIGITALE: REALTA’ O UTOPIA?
- CTZN eu
- 23 feb 2021
- Tempo di lettura: 7 min
Aggiornamento: 6 apr 2021
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Hi reader,
oggi voglio parlarti di un argomento sempre più presente nel dibattito contemporaneo, sia come un ideale per un mondo migliore che come l'inizio della fine della nostra società: la digitalizzazione del processo democratico. Questa analisi è la trasposizione di parte di un elaborato che ho scritto come studente di laurea triennale, e che sarà adattato in due (o più) articoli qui su CTZN.eu. Spero che ti farà piacere leggerli e che sarai incoraggiatə a lasciarci un commento sulla tua visione dell’argomento e su cosa può essere fatto in pratica per promuovere tale visione.
Mentre molti sostengono che una progressiva digitalizzazione dei processi democratici è necessaria per portare ad una nuova era di partecipazione dei cittadini, dal momento che le barriere del vecchio mondo stanno crollando e tempo e spazio non sono più un problema, altre voci più conservatrici (o altri direbbero, razionali) sollevano preoccupazioni riguardo a questo sviluppo, che ai loro occhi sarebbe impossibile o pericoloso per il corretto funzionamento delle nostre democrazie. Molti di loro criticano i presupposti eccessivamente semplicistici riguardo alla comunicazione umana di quelle che vedono come utopie, e considerano la digitalizzazione del processo democratico come fondamentalmente incompatibile con la nostre concezione moderna di democrazia liberale, con il pericolo di trasformare la nostra società in un caotico anarchismo digitale o in una totalizzante distopia Orwelliana.
Entrambe queste visioni estreme soffrono di pregiudizi ideologici, che impediscono all’osservatore di essere obiettivo riguardo alle reali cause e conseguenze dell’attuale rivoluzione digitale. Dobbiamo invece cercare di considerare l’argomento più pragmaticamente, considerando il processo di digitalizzazione come una realtà che sarà sempre più presente nelle nostre vite, e quindi non può essere evitata, ma anche tenendo in considerazione i rischi e le storture dell’era di Internet e avendo un chiaro obiettivo: conservare i diritti e le libertà che abbiamo acquisito nel corso del tempo senza perdere le opportunità che la democrazia digitale può offrirci.
La comunicazione di massa contemporanea permette agli individui di sviluppare un’autonomia maggiore rispetto alle istituzioni delle loro società, e dà loro la possibilità di riunirsi, discutere e organizzare nuove forme di spazio contemporaneamente virtuali e fisiche, creando uno spazio ibrido di comunicazione e interazione. Per i sostenitori della democrazia digitale, un tale sviluppo nelle modalità di associazione della società civile potrebbe facilmente essere emulato per amplificare il discorso democratico e portarlo fuori dalle sue limitazioni fisiche. Se movimenti spontanei dell’era di Internet possono rovesciare governi dittatoriali, far pressione su amministrazioni per sviluppare politiche più giuste e creare comunità autonome e auto-governanti, perché non istituzionalizzarli e renderli una parte integrante del corretto funzionamento delle nostre democrazie? Potremmo implementare una reale partecipazione dei cittadini nei quotidiani processi decisionali a vari livelli istituzionali; potremmo incoraggiare il dovere civico nei cittadini comuni, che finora si sono trovati ad essere sostanzialmente esclusi dal partecipare alla governance democratica pur essendo una parte fondamentale della popolazione attiva (come abbiamo detto in un altro articolo, che puoi trovare qui o sul nostro sito); potremmo rendere più democratiche istituzioni come quelle dell’Unione Europea, che da tempo ricevono critiche per non essere sufficientemente partecipative e responsabili, rendendole rappresentative dei cittadini europei invece che dei governi europei.
Inoltre, questo fenomeno sta già avvenendo di fronte ai nostri occhi: le proteste di massa conosciute come “Primavere Arabe”, scoppiate in Tunisia, Egitto, Libia e Siria dal 2011, così come i movimenti “Occupy Wall Street” e “Black Lives Matter” negli USA, hanno fatto molto affidamento sui social media per criticare i governi e organizzare il loro dissenso, coordinando quasi spontaneamente la rete di protestanti e splendendo come un faro del potenziale democratizzante della tecnologia digitale. Persino qualcosa di così criticato come la piattaforma Rousseau, il sito web del Movimento Cinque Stelle dove gli iscritti al partito possono suggerire proposte di legislazione e partecipare alla loro scrittura, e dove quasi tutte le più importanti votazioni del partito devono avere luogo, può essere visto come un primo tentativo (anche se altamente disfunzionale). Potrebbe essere il punto di partenza di un processo di miglioramento delle nostre democrazie attraverso lo sviluppo progressivo di forme di partecipazione diretta. Infatti, grazie alle nuove tecnologie, si potrebbe superare uno dei maggiori ostacoli teorici e pratici all’applicazione della democrazia diretta nel mondo moderno: l’estensione geografica e demografica dei Paesi, che finora ha reso impossibile, per la maggior parte dei cittadini, riunirsi e partecipare fisicamente al processo democratico per più di un giorno ogni quattro/cinque anni. Come Yascha Mounk dice nel suo straordinario The People vs Democracy: Why Our Freedom is in Danger and How to Save it, fino a qualche anno fa “il potenziale dei social media di rafforzare e diffondere la democrazia sembrava innegabile”.
Tuttavia, la realtà non è tanto semplice quanto vorremmo pensare. Molte questioni sono più complesse di quel che crediamo, e anche quelle che riusciamo a comprendere nella loro complessità devono affrontare i vari interessi socio-economico-culturali dell’umanità, i cui membri non sono radicalmente cambiati ma si stanno adattando alle nuove forme di comunicazione e di esercizio di potere gli uni sugli altri. Ci sono alcuni gravosi effetti che non possono essere ignorati anche alla luce dei progressi dell’era di Internet, ma anzi vanno gestiti per impedire che emergano pericoli reali per la nostra società. Nascondersi dalla verità, non riconoscendoli come problemi per evitare il confronto dei propri ideali con la durezza della realtà, non è soltanto insensato e controproducente, ma potrebbe minacciare seriamente le nostre vite.
La prima grave conseguenza scatenata da Internet è lo sviluppo delle cosiddette “echo chambers”: dal momento che i social media e il Web permettono agli utenti di filtrare la loro esperienza a seconda dei loro gusti e preferenze, la possibilità di connettersi con chiunque nel mondo può essere ridotta ad una serie di comfort zone chiuse ermeticamente. Gli utenti si circondano (o vengono circondati dai sempre più intelligenti algoritmi) di individui a loro affini, creando spazi sigillati in cui non c’è alcuna discussione, ma solo la propria opinione ripetuta all’infinito come un'eco. Paradossalmente, questa possibilità illimitata potrebbe creare ancora più segregazione ideologica, diminuendo la reale comunicazione attraverso i divari sociali e politici e rafforzando anziché neutralizzando la divisione esclusiva fra noi e loro, amici e nemici.
Se questo processo di segregazione potrebbe essere intensificato dalla rivoluzione digitale, anche l’altro grande problema del nostro tempo, l’atomizzazione della società moderna, rischia di essere amplificato dai nuovi media: infatti, la società non è fatta solo da individui, ma da gruppi. L’accesso elettronico ad ogni cosa rende inutili i gruppi d’interesse della società civile, minacciando di trasformare i movimenti in una serie di individui seduti di fronte al loro computer. Se le persone non hanno alcuna ragione per unirsi ad un’organizzazione perché possono usare il Web per trasmettere un messaggio autonomamente, la popolazione diventa più isolata e la partecipazione diventa una serie di click. Il rischio qui è che nessun reale scambio o discussione porta ad una scarsa riflessione e ad una democrazia “aggregativa”, e questa aggregazione basata sull’efficienza potrebbe vanificare i benefici aspetti deliberativi delle nostre attuali democrazie, portando ad una democrazia “virtuale nel senso peggiorativo, come opposta a reale.” Questo potrebbe portare le persone ad isolarsi dal mondo e a disinteressarsi della Cosa Pubblica, cosa che a sua volta significherebbe al contempo l’impoverimento delle vite degli individui e la frammentazione e decadenza della società.
Inoltre, per essere efficace nel promuovere la partecipazione democratica e la democrazia in generale, ci dovrebbe essere un’alta qualità del contenuto digitale e della discussione su Internet. Tuttavia, proprio questi requisiti stanno venendo sempre più messi in discussione da molti, che cercano di capire se è il pessimo stato della comunicazione digitale ad avvelenare il dibattito politico, dando voce ad ogni sorta di fake news e assurdo complottismo, o se è l’infimo livello del dibattito politico a rovinare la comunicazione su Internet. Sfortunatamente, questa discussione si intreccia indissolubilmente con un circolo vizioso: il Web contribuisce in una certa misura all’impoverimento del discorso democratico, enfatizzando la polarizzazione e dando spazio ad ogni sorta di fenomeno da baraccone, e quindi corrompendo il dibattito politico. Tuttavia, è anche vero che i politici manipolano l’informazione e la comunicazione e si comportano coerentemente con ciò che il loro pubblico vuole, dando un esempio negativo e sfruttando paure e divisioni a loro vantaggio, e quindi contribuendo al peggioramento della comunicazione su Internet.
Tutti questi fenomeni portano alla stessa conclusione: anche se la tecnologia digitale è solo uno strumento, e come tale non è intrinsecamente positiva o negativa, essa ha un chiaro effetto destabilizzante sulla società e la politica perché “chiude il divario tecnologico fra insiders e outsiders […] [favorendo] le forze dell’instabilità su quelle dell’ordine.” Il vantaggio tecnologico di governi e grandi aziende, che per molto tempo hanno controllato indisturbate la comunicazione di massa, sta scomparendo con lo sviluppo dei nuovi media. Infatti, nel passato il sostanziale monopolio governativo sull’argomento assicurava il suo controllo sugli standard del discorso pubblico, che poteva significare democrazie più stabili, dittatori più saldi al potere o semplicemente un discorso pubblico più stagnante. Ora, tuttavia, la situazione è capovolta: mentre nei Paesi autocratici i ribelli hanno più mezzi per comunicare e organizzare azioni collettive, e quindi hanno maggiori possibilità di opporsi efficacemente ad un regime oppressivo, le democrazie liberali sono molto più facili da attaccare a causa della mancanza di modi per controllare o sopprimere l’ascesa di figure e tendenze destabilizzanti. L’apparente paradosso della tecnologia digitale, che a seconda del contesto può avere effetti meravigliosi o catastrofici, è dunque risolto da questa considerazione: “nel conferire potere agli outsiders, la tecnologia digitale destabilizza le élites governative [e lo status quo] in tutto il mondo e accelera il ritmo del cambiamento.” Non è ancora chiaro se questo contribuirà al miglioramento o al peggioramento del mondo nel lungo periodo, ma quel che è sicuro è che, nel frattempo, noi vivremo in un mondo molto più caotico, e dobbiamo prepararci ad affrontarlo con la consapevolezza di tutti questi elementi.
In conclusione, bisogna riconoscere che serie minacce alla democrazia liberale sorgeranno sicuramente se gli sforzi per promuovere e implementare la democrazia digitale non sono accompagnati da un lavoro sistematico per creare un sistema immunitario culturale e sociale, all’interno delle nostre democrazie fisiche, contro gli effetti destabilizzanti dei nuovi media. Per quanto fantastici ci possano sembrare, non possiamo semplicemente abbracciare acriticamente gli sviluppi tecnologici e stravolgere le nostre vite per accomodarli. Dobbiamo piuttosto essere i guardiani dei fondamentali principi democratici, che devono essere sempre considerati una priorità mentre osserviamo lo sviluppo della tecnologia digitale. Sarà un lavoro faticoso, e non è certo il modo più facile di integrare la tecnologia nelle nostre vite, ma dobbiamo vigilare su questa evoluzione con grande attenzione, o potremmo finire in una situazione molto peggiore rispetto a quella senza alcun progresso tecnologico.
Ora tocca a te: sei d'accordo con questa analisi? Se sì, cosa pensi che dovremmo fare per migliorare la situazione e prevenire le possibili complicazioni legate alla democrazia digitale? Altrimenti, cosa pensi dell’argomento e in che modo la nostra analisi può essere modificata/migliorata?
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Grazie per l’attenzione,
Davide Bertot
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P.S. Per vedere l’elaborato originale (in inglese) e le fonti da cui sono tratte le citazioni che trovi in questo articolo, puoi andare su questo link.
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