#1 REFERENDUM SUL TAGLIO DEI PARLAMENTARI: PRO E CONTRO
- CTZN eu
- 17 set 2020
- Tempo di lettura: 7 min
Aggiornamento: 22 ott 2020
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Hi reader,
oggi voglio discutere con te di un argomento molto attuale e controverso che ci chiama a esercitare il diritto di voto in maniera decisiva, e, perciò, ci chiede di informarci ed esprimere la nostra opinione essendo consapevoli delle conseguenze: il referendum sul taglio dei parlamentari.
Il 20 e 21 settembre 2020 si terrà il referendum costituzionale in cui voteremo per accettare o rifiutare le modifiche alla Costituzione riguardo al taglio del numero dei membri che compongono le due camere del Parlamento italiano. In particolare, con la proposta si modificherebbe il numero dei parlamentari rispettivamente da 630 a 400 per la Camera dei Deputati e da 315 a 200 per il Senato. E’ importante sottolineare che un referendum costituzionale non prevede il quorum, ovvero un numero minimo di partecipanti per rendere valido il voto, e quindi vincerà l’opzione con più voti, indipendentemente dall’effettiva percentuale della popolazione che sarà andata alle urne. Per questo tutti, favorevoli o contrari, dobbiamo ricordare che questa volta l’assenteismo non può essere utilizzato come forma di protesta politica, e anzi è fondamentale che ognuno di noi vada a votare.
Se sei interessato ad approfondire come funziona la riforma nel dettaglio, come e perché siamo arrivati al referendum e quali partiti sono a favore e quali contrari, ti consigliamo di vedere questi brevi video informativi:
Ma perchè questa modifica, che ridurrà di circa un terzo il numero totale dei parlamentari, è stata voluta in primo luogo?
I fautori del sì, e innanzitutto il Movimento 5 Stelle, per il quale questo è uno dei punti fondamentali del suo programma, sostengono che la riforma sia innanzitutto un risparmio per le casse dello Stato, stimato inizialmente intorno al mezzo miliardo di euro l’anno e successivamente ridimensionato a 100 milioni (anche se l’Osservatorio sui Conti Pubblici italiani ha ulteriormente diminuito la cifra a 57 milioni l’anno).
Inoltre, questa modifica sarebbe necessaria per “favorire il miglioramento del processo decisionale delle Camere, per renderle più capaci di rispondere alle esigenze dei cittadini”. Sarebbe insomma un mezzo per velocizzare i lavori parlamentari e dare maggior efficienza al Parlamento tramite l’eliminazione dell’eccessiva “frammentazione fra svariati gruppi parlamentari, che a volte non rappresentano le forze politiche presenti nel Paese ma gruppetti che servono soltanto a organizzare la sopravvivenza sulla poltrona” (come è scritto sul blog pentastellato). Infatti, la riforma è caldeggiata dal Movimento 5 Stelle in quanto è conforme ai principi fondamentali del partito, ed è per loro un passo fondamentale per andare contro la “casta” parlamentare, l’elite che a detta loro detiene il potere politico e che con questa riforma verrebbe indebolita. Luigi di Maio ha infatti definito la riforma, che secondo i pentastellati ridurrebbe il numero di politici opportunisti e corrotti che vivono nel lusso a spese dei cittadini, come “una battaglia di tutti i cittadini italiani, [perché] mai come in questo momento c’è bisogno di far sentire la voce degli italiani rispetto al Sì, perché ci sarà una voce dei palazzi che sosterrà il No”.
Infine, un altro aspetto meno caldeggiato ma comunque utilizzato come ragione del Sì è quello secondo cui la riforma porterebbe la rappresentanza italiana a livello europeo, diminuendo il numero eccessivo di parlamentari e così facendo adeguandosi allo standard europeo.
Tuttavia, le cose non sono così semplici come potrebbero apparire se fermassimo qui la nostra analisi.
Innanzitutto, una delle principali critiche alla possibile riduzione del numero dei parlamentari riguarda il rapporto numerico di rappresentanza, poiché con questa riforma si passerebbe da circa 96 mila abitanti per deputato a circa 155 mila e da circa 188 mila abitanti per senatore a circa 302 mila, con un drastico calo della rappresentatività (di circa il 36%).
Un Parlamento più piccolo, inoltre, creerebbe una maggiore difficoltà per i partiti più piccoli e i territori con una minore popolazione ad essere rappresentati efficacemente nel processo legislativo: con l’attuale legge elettorale maggioritaria, una misura del genere, senza altre riforme a supporto, non farebbe altro che premiare i grandi partiti, penalizzando invece i più piccoli che si vedrebbero ancor più diminuito il potere contrattuale già debole che hanno in Parlamento. Inoltre, si accentuerebbe ancora di più l’elitarismo dei partiti politici e della classe dirigente, allargando il divario fra l’elettorato e i suoi rappresentanti e incentivando la nascita di nuovi sistemi di clientelismo e nepotismo.
Anche sulla questione del risparmio la legge non rende giustizia ai suoi propositi: il risparmio per le casse dello Stato, secondo la stima degli esperti, sarebbe infatti solo dello 0,007% della spesa pubblica italiana, e anche se la cifra fosse maggiore sarebbe comunque un risparmio irrisorio per un Paese con il debito pubblico dell’Italia, che ha raggiunto poco tempo fa il valore record di 2.560 miliardi di euro. Le manovre che ogni anno vengono fatte dall’amministrazione italiana spendono (e spesso sprecano) svariati miliardi di euro l’una: basti pensare a Quota Cento, misura fortemente voluta dalla Lega e approvata proprio grazie alla complicità del Movimento 5 Stelle (gli stessi che adesso spingono per un risparmio di meno di 100 milioni), che ha speso 21 miliardi di euro in tre anni. Inoltre, nonostante tutte le promesse su quello che si potrebbe fare di buono con i soldi così risparmiati, non abbiamo alcuna garanzia (nè molta speranza per la verità) che quel denaro sarebbe effettivamente speso per il bene pubblico.
Per quanto riguarda l'efficienza del processo parlamentare, in Italia c’è effettivamente un problema di lentezza legislativa, ma questo è legato solo in minima parte al numero di persone che siedono in Parlamento. Il problema reale è legato almeno in parte ad una burocrazia sempre più eccessiva ed invadente che frena enormemente qualunque tipo di provvedimento, oltre ad avere dei costi molto più elevati di quelli parlamentari. Il fenomeno che più grava sull’efficienza dei lavori è però il sistema parlamentare italiano, il cosiddetto bicameralismo perfetto, che prevede due camere con identici poteri che quindi devono seguire lo stesso iter e poi accordarsi per poter approvare una legge (sostanzialmente raddoppiando il tempo che una camera impiega per approvare una legge).
Il taglio dei parlamentari, per poter essere in qualche misura efficace in questo senso, dovrebbe dunque essere accompagnato da una riforma più ampia del sistema elettorale e parlamentare, ma questa riforma non cerca di superare questo problema squisitamente italiano: nonostante il Partito Democratico abbia in teoria subordinato il suo consenso alla riforma all’approvazione di una nuova legge elettorale e di modifiche ai regolamenti di Camera e Senato, condizioni che hanno purtroppo una scarsa possibilità di vedersi realizzate, per ora la legge costituzionale diminuisce soltanto la nostra rappresentanza e quindi la nostra già molto ovattata voce nel discorso pubblico.
Anche a livello europeo la situazione è diversa da ciò che i promotori del Sì sostengono: se è vero che, per quanto riguarda il numero dei parlamentari nell’Unione Europea, l’Italia è uno dei Paesi in testa alla classifica, è anche vero che l’Italia è il terzo Paese più popoloso dell’Unione, e scendere nella media europea significherebbe avere lo stesso numero di parlamentari di Paesi con una popolazione molto minore, e quindi con molta più rappresentatività, dell’Italia. Ora siamo uno dei Paesi con la rappresentanza migliore in Europa, ma se con la riforma passassimo da circa 96 a circa 155 mila abitanti per deputato l’Italia diventerebbe il Paese con il minor numero di deputati in rapporto alla popolazione.
L’ultimo argomento, e forse il più forte in coloro che sono a favore della legge costituzionale, è l’unico davvero comprensibile (anche se non per forza condivisibile), perché si basa su un sentimento trasversalmente diffuso nella popolazione italiana.
Noi italiani abbiamo sempre avuto un rapporto molto complesso con i nostri rappresentanti: dall’alba della Repubblica e anche prima c’è sempre stato il disprezzo verso i politici, perché se da una parte dovevano essere la nostra voce nel processo legislativo, dall’altra sono sempre stati dipinti come una classe parassitaria di arrivisti e corrotti che fanno i loro interessi e non quelli dei loro cittadini (uno stereotipo popolare ormai radicato indelebilmente come archetipo culturale italiano). Tuttavia, è chiaro che sia paradossale voler abbattere una “casta” diminuendo il numero di membri al suo interno. Al posto di renderla maggiormente democratica e aperta a coloro che veramente vogliono servire la comunità, ma che magari non hanno le conoscenze o le disponibilità economiche per farlo, con questa riforma si va ad accentuare ancora di più la differenza tra chi può e chi non può permettersi di avere una carriera politica. Si crea un distacco ancora maggiore fra la classe dirigente e il cittadino comune, peggiorando ulteriormente la situazione anziché risolverla.
Ma se i benefici sono pressoché inesistenti e le perdite non indifferenti, perchè tanta pena per realizzare questa riforma?
Sostanzialmente è perché negli ultimi decenni questo circolo vizioso ha portato l’elettorato ad affidarsi ad una classe di politici “anti-casta”, che fanno del loro essere “uomini nuovi”, diversi dalla precedente classe dirigente, la cifra della loro azione politica. Tutta la classe politica da tempo si aggrappa a questo sentimento anti-sistema, ed è per questo motivo che tutti i grandi partiti (sia quelli dichiaratamente anti-sistema, come Lega, Fratelli d’Italia e Movimento 5 Stelle, sia quelli che non ci si aspetterebbe, come Forza Italia e Partito Democratico) sono d'accordo con questo referendum. Il taglio dei parlamentari non è dunque altro che l’ennesima manovra populista che non risolve alcuna vera questione, ma accontenta quella maggioranza italiana per la quale i politici “sono tutti corrotti e vogliono solo tenersi la poltrona” e per la quale la forma vale più del contenuto. La nostra rappresentanza in Parlamento sarà diminuita e il nostro peso nella Cosa Pubblica sarà ulteriormente svilito, e tutto questo soltanto per permettere ai politici attuali di mostrarsi diversi dalla “casta” e quindi racimolare un po’ di consenso in più.
Noi di CTZN.eu abbiamo riflettuto sull’argomento e sulle cause che hanno condotto a questa situazione, e sul perché dovremmo sentirci tutti coinvolti e in parte colpevoli per questo circolo vizioso, in primis coloro che sono d’accordo con l’analisi fatta da questo articolo e che non capiscono come possa la gente essere così cieca di fronte all’evidenza. Cliccando qui, oppure sul nostro sito, puoi trovare l’articolo in cui ne discutiamo più approfonditamente.
E tu che cosa pensi di ciò di cui abbiamo discusso oggi? Sei d’accordo con la nostra analisi?
Se sì, perché secondo te c’è una buona parte della popolazione che pensa il contrario?
Se no, perchè pensi che le nostre obiezioni siano infondate? O, se pensi siano sensate, perché intendi comunque approvare la riforma?
Faccelo sapere lasciando un commento qui, mandandoci un’e-mail con le tue riflessioni oppure commentando sotto al post relativo nei nostri profili social.
Grazie per l’attenzione,
Davide Bertot
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